domenica 27 gennaio 2013

Not alone

Seduto sulle sedute arancioni poste all'esterno dell'area fumatori dell'aeroporto; mi godo il tramonto (nulla di paragonabile nemmeno lontanamente a quello ammirato in certi paradisi naturali) fumando un toscanello all'anice, regalo di mio zio... mi ricorda i sabati pomeriggio prima di iniziare a lavorare: caffé e sigaro in giardino (estate ed inverno) a parlare, confrontarsi, essere spensierati e talvolta leggeri.

Mi si avvicina un thailandese e mi domanda "Hello, have you a lighter?"
"Yes, of course"
"Thank you very much man"
"You are wellcome"
"Where are you from?"
"From Italy. And you?"
"From Phitsanoluk, here in Thailand"
"Really? I know, i've been in Phitsanoluk two months ago"
"My name is Dachar"

... ed abbiamo iniziato a discorrere, conoscerci... era evidente la sua voglia di parlare, forse con uno straniero gli risultava più semplice. Così scopro che fino a ieri ha lavorato su una barca da qualche parte per una importante Società nel settore del gas (su questo non sono certo, non ho capito bene): è stato licenziato ("They gave me a kick" e mima il gesto di un calcio)... è evidente il suo stato d'animo, tiene gli occhiali da sole ma intravedo i suoi occhi tristi e, andando avanti a parlare, carichi di lacrime.
Gli dico che sinceramente mi spiace: so molto bene cosa significhi perdere tutto (o quasi... i veri valori sono altri) e gli sono realmente vicino. Lui però ha una famiglia, due figli di 14 e 9 anni... sta tornando a casa con l'aereo perché vuole essere presto lì dai suoi cari, ne ha bisogno.
Parliamo su quanto sia bello avere qualcuno vicino nei momenti bui, di come sia straordinariamente efficace ed importante avere al proprio fianco chi ti ama quando ti senti abbattuto... apparentemente solo.
Fumiamo una sigaretta... qualche pausa di silenzio, la sua commozione è palese. Mi chiede scusa ma gli rispondo che non è affatto un problema... siamo umani. Prima di andarsene mi chiede il mio numero di cellulare thailandese e mi fa uno squillo così che io possa memorizzare il suo "So, if you come back in Phitsanulok, call me. It will be a pleasure to see you."
Auguro di cuore buona fortuna a lui e alla sua famiglia, ci salutiamo con una stretta di mano. Ennesima riprova di quanto umanamente mi stia regalando questo viaggio.

Conoscere, capire, confrontarsi... tutti lo facciamo, in pochi realmente. Quando incontriamo o ci presentano qualcuno non è facile entrare in sintonia o avere l’interesse per ascoltare ciò che l’altro si sente libero di dire. Spesso siamo distratti, ci dimostriamo interessati all’apparenza, col rischio di assumere un’espressione poco credibile - mai capitato? - ma in realtà fissiamo solo la bocca che si muove percependo solo un suono senza senso, nulla di comprensibile al nostro intelletto.
Ma se ci concentrassimo sul significato di quei suoni che escono dal nostro interlocutore, allora potremmo renderci conto che anche lui ha un cuore, un animo magari simile al nostro - non uguale - e dei pensieri che lo tormentano o lo preoccupano... capiremmo che non siamo gli unici ad avere paura, che non siamo i soli a soffrire e passare un momento di difficoltà. Quando ciò finalmente accade, il nostro mondo si ridimensiona, i nostri assilli e pensieri si chetano un minimo... e forse potremmo essere noi di supporto all’altro, magari semplicemente ascoltando con più attenzione, magari lasciandolo sfogare e restituendo uno sguardo di complicità e comprensione... basta questo, fai un piccolo gesto di sincera condivisione... e in due si sta meglio.

Essere di sollievo, seppur momentaneo, a qualcuno è un gran dono, una sensazione speciale... stranamente, ci rende più sereni... e magari più consapevoli dei nostri stati d’animo. In che non vuol dire che ce ne dimentichiamo o che ora sappiamo come affrontarli, significa semplicemente valutare con più attenzione. E vedi che in quel mare agitato non c’è solo la tua piccola scialuppa che sta imbarcando acqua ma ci sono tante altre piccole imbarcazioni, alcune messe peggio, altre in condizioni migliori... e se anche la tua non sarà in grado di galleggiare perfettamente, potresti comunque accogliere un altro naufrago con la sua ridotta peggio. Non sarà la soluzione definitiva ma sarà la salvezza momentanea per chi è messo peggio di te... “Sali pure a bordo amico. Non so quanto potremo navigare ancora, ma ora non sei più solo, non siamo più soli... in due ci possiamo dare una mano per governare meglio la barca e tappare le piccole falle".

E vedrai subito che per il nostro nuovo amico sarà una situazione migliore della precedente, sicuramente non ottimale, ma più sicura e confortevole. E lo stimolo di dare di più, di impegnarsi con più consapevolezza a navigare nel mare impetuoso sarà più forte... non sei più solo sulla barca, ora sei momentaneamente responsabile di un altro essere e della sua condizione.
Non siamo soli nell’oceano di sentimenti ed emozioni... talvolta può essere burrascoso, altre quasi calmo... mai piatto. Ma la differenza magari per noi insignificante può essere fondamentale per altri. Siamo pronti a cogliere a bordo chi ne ha bisogno... siamo tutti naufraghi in questo mare di stati d’animo, più o meno consapevolmente.

Ebbene, chi si sente un marinaio anche poco più esperto accolga quelli meno abili... pur essendo imperfetti possiamo comunque donare ed insegnare molto a chi si sente peggio di noi... così, miglioreremo noi e migliorerà l’altro.

Photo by Photographer Marius Romila
 

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